IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso in appello n.
 426/1987, proposto dal prefetto di Cosenza, rappresentanto  e  difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, presso la quale e' per legge
 domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro i sigg.  Angelo
 e   Giuseppe   Bianco,   rappresentati  e  difesi  dall'avv.  Achille
 Morcavallo, con domicilio eletto in Roma, via  Asiago  n.  1,  e  nei
 confronti  del  Consorzio per l'area di sviluppo industriale Piana di
 Sibari,  Valle  Crati,  n.c.;  del   comune   di   Rossano   Calabro,
 rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Felice Assennato e presso il suo
 studio elettivamente domiciliato in Roma, via Carlo Poma  n.  2,  per
 l'annullamento  della sentenza del tribunale amministrativo regionale
 della Calabria, sezione di Catanzaro, n. 329/1986, pubblicata  il  14
 ottobre 1986 e notificata il 5 gennaio 1987;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti intimate;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Vista la decisione interlocutoria 9 novembre 1989, n. 777;
    Vista la decisione parziale pubblicata nella medesima  data  della
 presente ordinanza;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Data  per  letta  alla pubblica udienza del primo dicembre 1992 la
 relazione del consigliere G. Farina e uditi, altresi',  gli  avv.  Di
 Martino  (avv.  Stato), Morcavallo e Assennato, ciascuno per le parti
 rispettivamente rappresentate;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    1. - Con separati ricorsi, notificati nel marzo e giugno 1981,  le
 parti  private  attuali  appellate  avevano  impugnato  gli  atti del
 procedimento espropriativo  promosso  dal  Consorzio  per  l'area  di
 sviluppo industriale Piana di Sibari - Valle Crati, per allestire, in
 un  fondo di loro proprieta', delle aree da destinare ad insediamenti
 di stabilimenti industriali.
    Con sentenza n. 329 del 14 ottobre 1986, il  t.a.r.  di  Catanzaro
 riuniva  i due ricorsi e pronunciava l'annullamento del provvedimento
 di  occupazione  di  urgenza  del  7  dicembre  1978  e  del  decreto
 prefettizio di espropriazione, emanato il 27 marzo 1981.
    2.  -  Sull'appello  proposto  dall'organo  statale, la sezione ha
 deliberato, nella odierna camera  di  consiglio,  la  conferma  della
 sentenza  del  primo  giudice,  nella  parte recante annullamento del
 decreto di occupazione di urgenza.
    E' stato sospeso il giudizio, per quel che  riguarda  la  verifica
 della   legittimita'  del  decreto  prefettizio  che  ha  pronunciato
 l'espropriazione, essendo stata ritenuta, d'ufficio, rilevante e  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 di  talune  norme  regolanti  il  procedimento  espropriativo  e   da
 applicare nella specie.
                             D I R I T TO
    1.  - Il t.a.r. della Calabria, sede di Catanzaro, ha fra l'altro,
 annullato  con  l'impugnata  sentenza   n.   329/1986,   il   decreto
 prefettizio  che  ha  pronunziato  l'espropriazione  di  un  fondo di
 proprieta' delle parti private attualmente appellate.
    La ragione dell'annullamento e' stata ravvisata nella omessa  pre-
 via   e   tempestiva   comunicazione   della  avvenuta  pubblicazione
 dell'elenco dei beni da espropriare.
    In  ordine  alla  pubblicazione, prescritta tanto dall'art. 53 del
 t.u. delle leggi sul Mezzogiorno d'Italia,  approvato  con  d.P.R.  6
 marzo  1978,  n. 218, quanto dall'art. 17 della legge 25 giugno 1865,
 n. 2359, ha rilevato il primo giudice  che  l'art.  18  della  stessa
 legge  del  1865  prevede  la  facolta'  delle  parti  interessate di
 avanzare osservazioni sul piano di  esecuzione  dell'opera  pubblica.
 Cio'   esige  che  sia  salvaguardata  l'effettivita'  del  principio
 partecipativo con l'istituto delle osservazioni, che "costituisce  un
 rimedio  di  carattere  giuridico  e rappresenta il momento in cui" i
 privati "possono far valere anche rilievi di merito".
    Nella specie e' stato verificato che agli espropriandi  era  stata
 data  comunicazione  del  deposito del piano particellare in data che
 non aveva consentito loro l'esercizio della  facolta'  di  presentare
 osservazioni prima della emanazione del provvedimento espropriativo.
    2.  -  Obbietta,  con l'appello, l'Avvocatura generale dello Stato
 che la speciale procedura di cui  all'art.  53  del  t.u.  citato  e'
 preordinata   alla   definizione  delle  "questioni  di  indennita'".
 Aggiunge anche che, nella norma, non vi e'  traccia  dell'obbligo  di
 dar  comunicazione  dell'elenco  dei beni da espropriare, onde non e'
 possibile parlare di deviazione del procedimento in concreto  seguito
 da  uno schema delineatore dalla legge, la quale neppure contempla la
 concessione di termini per osservazioni degli interessati.
    3. -  Su  quest'ultimo  punto,  va  osservato  che,  se  la  legge
 prescrive  la  pubblicazione  dell'elenco  dei  beni da espropriare e
 fissa il termine di  trenta  giorni  da  essa,  perche'  si  pronunzi
 legittimamente  l'espropriazione,  cio' dispone in vista di possibili
 interventi,  sia  pure  a  mero  titolo   collaborativo,   quali   le
 osservazioni   dei   titolari   di   diritti   sui   beni   presi  in
 considerazione.
    Non ha  pregio,  di  conseguenza,  quanto  rilevato  dalla  difesa
 statale,  potendosi  ritenere  che  la  pubblicazione  sia  volta  ad
 acquistare, per le conseguenti valutazioni, le deduzioni dei  privati
 e,  prima,  al  fine  di stabilire un termine congruo, affinche' essi
 abbiano modo di proporle.
    4. - Dubbi si pongono, invece, in ordine alla  affettivita'  delle
 garanzie,  offerte ai privati interessati, di partecipare, in qualche
 modo, all'azione amministrativa nel termine ad essi accordato.
    4.1. - L'art. 53 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, stabilisce  che,
 per  attuare  le  iniziative  di  sviluppo  industriale  dei Consorzi
 a.s.i., si segua il procedimento espropriativo prescritto nella legge
 25 giugno 1865, n. 2359, con le differenziazioni nella  stessa  norma
 indicate.
    Si tratta della disposizione originariamente emanata con l'art. 21
 della legge 29 luglio 1957, n. 634, in parte modificata con gli artt.
 2  e  3  della  legge  29  settembre 1962, n. 1462. Antecedentemente,
 quindi, al trasferimento alle  regioni  di  funzioni  inerenti  e  ai
 consorzi  industriali  (art. 65 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) ed
 alle espropriazioni connesse con le materie indicate  nel  d.P.R.  n.
 616/1977  stesso  (art. 106, primo comma, e legge 22 ottobre 1971, n.
 865).
    Secondo l'art. 52 del citato t.u.  n.  218/1978,  l'espropriazione
 puo'  aver  luogo  su  immobili  sottoposti  ad  apposito  vincolo di
 destinazione, di efficacia decennale, posto con il  piano  regolatore
 delle  aree  e  dei  nuclei  di  sviluppo  industriale.  Il  piano e'
 approvato, secondo l'art. 51, secondo comma, previa pubblicazione per
 quindici  giorni "in ciascun comune interessato". In detto periodo e'
 ammessa la presentazione di osservazioni.
    In due successive fasi, di conseguenza,  e'  data  ai  proprietari
 degli  immobili,  sui quali possono cadere dapprima i vincoli e poi i
 provvedimenti espropriativi, facolta' di interloquire: nel corso  del
 procedimento   di   approvazione  del  piano  e  poi  nel  corso  del
 procedimento ablatorio, a norma dell'art. 53, secondo e terzo  comma,
 ove   si   prescrive   la   pubblicazione  dell'elenco  dei  beni  da
 espropriare.
    Non e' qui stabilito dove debba farsi  la  pubblicazione,  ne'  in
 quali  modi:  varra'  dunque  la  normativa  della  legge  del  1865,
 richiamata nel primo comma.
    4.2. - Nel procedimento di cui alla legge n. 2359/1865, da  ultimo
 indicata, si hanno analoghe disposizioni.
    L'art.  4  impone  pubblicazione in ciascun comune ed inserimento,
 per estratto, nel foglio degli annunzi legali della provincia,  della
 domanda per la dichiarazione di pubblica utilita' dell'opera. Dispone
 anche  che, per almeno quindici giorni, relazione e piano di massima,
 con la descrizione  dei  terreni  da  occupare  (art.  3),  rimangano
 depositati  presso  l'ufficio comunale. Cio' puo' consentire (art. 5)
 di formulare osservazioni a chiunque, e percio', in primo luogo, agli
 espropriandi.
    L'art. 16, poi, emanata la  dichiarazione  di  pubblica  utilita',
 prevede  la  formazione  del  piano  particolareggiato  di esecuzione
 "descrittivo  di   ciascuno   dei   terreni   od   edifizi   di   cui
 l'espropriazione   si  stima  necessaria".  L'art.  17  contempla  il
 deposito del piano, per quindici giorni, dopo la sua approvazione, in
 ciascun comune nel quale deve aver luogo l'espropriazione, con avvisi
 da pubblicarsi, del pari in ciascun comune e nel f.a.l., in modo  che
 ogni  parte interessata possa nuovamente formulare osservazioni (art.
 18).
    Insieme al piano di esecuzione, infine, l'art. 24 dispone che  sia
 depositato  e  reso  pubblico anche l'elenco dei beni da espropriare,
 dei proprietari rispettivi e dei prezzi offerti dall'espropriante.
    4.3. - Le norme della legge n. 2359/1865 e degli artt. 51 e 53 del
 t.u. n. 218/1978 non disegnano dunque schemi  procedimentali  che  si
 discostino  in  larga  misura  fra  loro,  in  ordine  alle  garanzie
 assicurate, in particolare  agli  espropriandi,  circa  le  forme  di
 partecipazione  ai  procedimenti  inerenti  a  scelta  di  immobili e
 fissazione di indennita'.
    In  ambedue  i  casi  sono  previste  forme  di  pubblicita'   che
 prescindono da comunicazioni individuali, quanto meno ai proprietari,
 fatte in data certa.
    La  sopravvenuta  legge 22 ottobre 1971, n. 865, appresta garanzie
 diverse.
    Nell'art. 10, infatti, ai fini  delle  osservazioni  su  opera  da
 eseguire  ed  immobili  da espropriare, si prescrive che del deposito
 della  relazione  su  di  essa  opera,  corredata   dagli   atti   di
 individuazione   delle   aree   da   espropriare  e  dell'elenco  dei
 proprietari relativi, il sindaco dia notizia singolarmente e in  data
 certa  agli espropriandi: tale appare il senso della disposizione che
 impone per questi la notifica.
    Nell'at.  11  e' altresi' prescritto che il decreto del presidente
 della giunta regionale, che dichiara la pubblica utilita' dell'opera,
 si  pronunzia  sulle  osservazioni  ed  indica  le  indennita',   sia
 pubblicato  per estratto nel bollettino ufficiale della regione e nel
 foglio annunzi legali  della  provincia.  Ma  anche  che  l'ammontare
 dell'indennita'  provvisoria  sia  comunicato agli espropriandi nelle
 forme previste per la notificazione degli atti processuali civili.
    5. - Le ora esaminate norme della legge n. 865/1971  si  applicano
 (confr.  Cons.  St.,  Ad.  pl.,  n.  1 del 19 gennaio 1979 e conforme
 giurisprudenza successiva) alle  sole  espropriazioni  di  competenza
 regionale.
    Ne  segue  che  i  proprietari  di  immobili interessati da queste
 ultime  espropriazioni  hanno  la  garanzia   di   essere   informati
 individualmente  dell'una  e  dell'altra  fase  del procedimento, per
 intervenirvi. Quelli toccati dalle espropriazioni di cui all'art.  53
 del  t.u.  n. 218/1978 - ed alla legge n. 2359/1865, cui questa norma
 si ricollega ed alla quale rinvia - fruiscono della  minore  garanzia
 della  diversa forma di cognizione legale, consistente nei depositi e
 nelle pubblicazioni ivi prescritte.
    Si puo'  porre,  di  conseguenza,  il  dubbio  di  conformita'  ai
 precetti  costituzionali dell'art. 53 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218
 e degli artt. 4, 16 e 17 della legge 25  giugno  1865,  n.  2359,  in
 quanto  integrativi delle disposizioni della prima norma, in ordine a
 due diversi profili:
       a)  se  costituisca  una  seria  o  sufficiente   garanzia   di
 partecipazione  ai  procedimenti, per i diretti interessati, la forma
 di cognizione consistente nelle dette pubblicazioni.
    E' dato di comune esperienza che si configura come  attivita'  non
 poco  disagevole, e comunque non certo consuetamente praticata, per i
 titolari  diritti  su  immobili,  quella  di  prendere  costantemente
 conoscenza,  ad  intervalli  inferiori ai quindici giorni, degli atti
 nei quali consistono le suddette forme di  pubblicita'.  Se,  con  la
 partecipazione,  si  intende  perseguire, in primo luogo, il fine del
 buon andamento dell'attivita'  dell'amministrazione,  l'apprestamento
 di  strumenti  non  poco  difficoltosi  o inadeguati a consentire gli
 interventi dei piu' diretti interessati puo' atteggiarsi in oggettivo
 contrasto con la norma costituzionale che  il  buon  andamento  della
 amministrazione impone.
    L'inadeguatezza   del  mezzo  della  pubblicazione  sembra  invero
 acquisita dal legislatore ordinario piu' recente, quando  -  con  gli
 artt.  7  e  8  della  legge  7  agosto 1990, n. 241 - ha prescritto,
 facendo salve  soltanto  "particolari  esigenze  di  celerita'",  che
 dell'inizio  del  procedimento  si  dia  comunicazione  personale  ai
 diretti interessati (oppure con forma  di  pubblicita'  idonee  e  di
 volta  in  volta  stabilite  nei casi di gran numero di destinatari).
 Norma questa che non si mostra direttamente applicabile  al  caso  di
 specie,  nel  quale si controverte di provvedimenti anteriori ad essa
 di quasi un decennio;
    Se  dunque  in  materia  d'espropriazione  la  partecipazione   al
 procedimento  dei privati direttamente interessati e' garanzia di buo
 andamento dell'Amministrazine,  essa  deve  venire  disposta  secondo
 criteri  idonei; che, come si e' visto, possono nella specie apparire
 mancanti.
    Ed  e'  attendibile  che  la norma dell'art. 97 della Costituzione
 sull'organizzazione  dei  pubblici  uffici  secondo  criteri  a  buon
 andamento   e   d'imparzialita'   possa   riferirsi   non  solo  alle
 disposizioni sugli organi e sugli  agenti,  ma  anche  a  quella  sul
 procedimento  che  questi  debbono  seguire nel trattare degli affari
 loro connessi;
       b) se costituisca disparita'  di  trattamento,  non  consentita
 dunque  dal  principio  desumibile dall'art. 3 della Costituzione, la
 disciplina recata dalle norme  suddette,  rispetto  a  quella  recata
 dagli artt. 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971, n. 856.
    L'identita'  di  situazioni e' ravvisabile nel fatto che si tratta
 di procedimenti ablatori preordinati, in ambedue i casi, ad opere  di
 pubblica  utilita'  sicche'  il  fatto  che  esse  siano pertinenti a
 soggetti pubblici diversi non dovrebbe giustificare una riduzione  di
 garanzie per i privati che ne siano coinvolti.
    Inoltre  gli  interventi dei Consorzi a.s.i. solo casualmente sono
 regolati dall'art. 53 del d.P.R. n. 218/1978 e dalle  norme  in  esso
 richiamate,  come  e'  reso  palese dall'ultimo comma, nel quale tale
 disciplina e' stata tenuta  ferma  sino  all'emanazione  di  apposite
 norme  regionali (confr. Cons. St., sez. quarta, n. 310 del 28 maggio
 1987  e  n.  5  del  19  gennaio  1988  e   giurisprudenza   conforme
 successiva).
    Ragione  di  identita'  e'  ancora  da  rilevare  nel fatto che le
 espropriazioni in esame attengono  ad  opere  di  competenza  diretta
 (art.  50, secondo e terzo comma, del d.P.R. n. 218/1978) o acquisita
 per concessione (art. 50, primo comma) dei Consorzi a.s.i., e  dunque
 di enti infraregionali, sottoposti alla vigilanza delle regioni, alle
 quali sono state trasferite le funzioni statali relative (art. 65 del
 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 ed art. 50, ultimo comma, del d.P.R. n.
 218/1978).  Il  tratto differenziatore fra queste ultime opere, con i
 connessi  procedimenti  espropriativi,   e   quelle   di   competenza
 regionale,  di  cui agli artt. 9 e segg. della legge 22 ottobre 1971,
 n. 865, appare dunque ancor  meno  definibile.  E',  di  conseguenza,
 disagevole  trovare giustificazione della diversita' di disciplina in
 ordine alle garanzie di partecipazione ai procedimenti, con  riguardo
 ai proprietari dei beni espropriabili.
    5.  - In conclusione: si deve far applicazione, nel caso in esame,
 dell'art. 53, in collegamento con l'art. 51, del d.P.R. 6 marzo 1978,
 n. 218 e degli artt. 4, 16 e 17 della legge 25 giugno 1865, n.  2359,
 in   quanto  dal  primo  richiamati.  La  questione  di  legittimita'
 costituzionale di tali norme e' dunque rilevante.
    Ne' essa appare manifestamente infondata,  inoltre,  con  riguardo
 agli artt. 97 e 3 della Costituzione.